Francesco Allegrini, detto l’Allegrino (Gubbio, 1624 – Roma, 1685)
Santa Caterina d’Alessandria
Olio su rame, cm 27 x 17,5 – con cornice cm 36 x 28
Comunicazione Prof. Petrucci
Il rame esaminato raffigura Santa Caterina d’Alessandria, come si evince dalla ruota spezzata che rappresenta la liberazione della donna dal supplizio che dovette subire e che costituisce il simbolo del suo martirio. Secondo la “Legenda Aurea” Caterina nacque ad Alessandria d'Egitto, figlia del re Costa, sul finire del III secolo d.C. Viene descritta come una giovane bellissima, tanto da colpire l'attenzione dell'imperatore Massenzio che la scelse come sposa, ma la sua fede cristiana e la sua devozione la spinsero a rifiutare la proposta. L'imperatore tentò di dissuaderla mandando da lei cinquanta fra i filosofi e gli oratori più sapienti dell'epoca ma il tentativo si rivelò vano e Caterina riuscì a convincerli della bontà della sua fede. Massenzio dopo aver condannato al rogo i sapienti convertiti, la fece arrestare e, dopo dodici giorni di prigionia, decise di giustiziarla col supplizio della ruota. In carcere veniva visitata da Gesù e dagli Angeli e nutrita da una colomba. Per intervento divino Santa Caterina fu salvata dalla ruota che si ruppe, generando la paura e la fuga dei carnefici. Massenzio decise allora di giustiziarla per decapitazione.
L’opera può essere ascritta alla mano di Francesco Allegrini, allievo del padre Flaminio, che a sua volta aveva appreso l’arte della pittura nello studio del Cavalier d’Arpino, presso il quale lo stesso Francesco sarà a bottega tra 1636 e 1638. La vicenda biografica e artistica di Allegrini si svolge principalmente tra Cantiano - paese d'origine del padre cui gli Allegrini sono rimasti sempre legati, Roma e Gubbio. Dopo il 1640, anno della morte del d'Arpino, Francesco si sposta a bottega da Pietro da Cortona (1596-1669) grazie al quale ottiene alcune delle sue più importanti commissioni nella capitale, per Santa Maria dell'Umiltà (San Michele arcangelo; San Domenico di Soriano, 1640 circa) e per Palazzo Altieri (Stanza di Mosè, 1644-50). Tra il 1652-1655 è certamente a Gubbio dove diviene un protetto del vescovo Alessandro Sperelli (1589-1672) che gli commissiona la Cappella del Sacramento nella cattedrale. Tra il 1655, anno della nomina come accademico dell'Accademia di San Luca, e il 1660 è di nuovo a Roma dove è impegnato a palazzo Pamphilj in piazza Navona e nel convento dei domenicani alla Minerva, ex palazzo del Sant'Uffizio. Gli affreschi della chiesa della Madonna del Prato (1676-77) lo consacrano monopolizzatore delle commissioni locali e gli valgono la promozione a maggiore affreschista umbro del '600. Studi recenti hanno finalmente permesso di delineare meglio le personalità artistiche degli Allegrini e fatto luce sul catalogo di entrambi. La sua pittura è caratterizzata da un cortonismo originale, con una pennellata fluida e scorrevole, sensibile anche all'influsso del Cavalier d'Arpino. Si osservano a termine di confronto il Matrimonio mistico di Santa Caterina presso il Victoria&Albert Museum e la Deposizione di Cristo nella chiesa di SS. Cosma e Damiano a Roma, assai vicino alla Santa qui raffigurata è la Vergine, in particolare nei gesti delle mani e nell’espressione degli occhi rivolti al cielo.