Gabrielle Roger nasce a Parigi nel 1883, nel pieno fermento della seconda rivoluzione industriale che vedrà la capitale francese sul piedistallo d’Europa per innovazione, avanguardia ed orientamento del gusto.
Vive la sua infanzia in una città che riorganizza in chiave moderna ed elegante il suo aspetto: dal nuovo assetto urbano nell’organizzazione in Boulevard di Haussmann fino alla celebrazione del vetro e del ferro per la costruzione del Grand Palais in occasione dell’esposizione universale di arti e mestieri del 1889.
L’insolita torre, costruita dall’architetto Gustave Eiffel, conferisce simbolicamente lo scettro a quella che si prospetterà la nuova regina delle capitali europee.
È in questo contesto che inizia la formazione culturale della Roger e che vedrà raggiungere la sua maturazione artistica nei primi anni del Novecento, all’interno della grande fucina delle Avanguardie Storiche.
È legata indubbiamente alla corrente naturalista francese e alle idee del positivismo, porta da subito avanti la questione dell’emancipazione femminile in un mondo ancora fortemente maschilista, anche nel campo dell’arte.
Frequenta assiduamente i luoghi di maggiore fermento culturale, in particolare quelli non soggetti a forme di censura o di rigidità nei confronti del “nuovo”, fra i quali le numerose accademie, gli atelier di noti pittori, l’Ecole des Beaux Arts dove risuona a gran voce l’insegnamento di uno dei più illustri docenti: Gustave Moreau. È grazie a quest’ultimo che sicuramente la si può collegare a Henri Matisse in un forte rapporto di amicizia e in un legame stilistico, evidente nelle opere che la Roger realizzerà nel trentennio di maggiore produzione, dal 1920 al 1950.
Sono questi gli anni di scoperta e di completa adesione al movimento Fauves, una realtà costituita da una cerchia di artisti che si proponeva di superare l’insegnamento impressionista per una più selvaggia violenza espressiva del colore, steso spesso in tonalità pure e con effetti evidenti di contrasto.
Gabrielle Roger interpreta la svolta dei Fauves in chiave rivoluzionaria e si allinea perfettamente al percorso intrapreso dall’amico Matisse.
Insieme a lui e agli altri compagni di viaggio espone a più riprese presso i Salons des Independan e le sue opere sono presenti in importanti atelier e galeries parigine, quale ad esempio la Galerie Simon.
Amante del sud della Francia la Roger non risiede più a Parigi ma si sposta a Toulon e ne ritrae spesso i paesaggi della Provenza e della Costa Azzurra, interpretando alla nuova maniera un soggetto classico ma sempre richiesto dal mercato.
L’innovazione nella forma e nei contenuti avverrà però attraverso la pittura d’interno e in particolare al ritratto d’interno, sempre associato ad elementi di arredo scelti e dal valore fortemente simbolico.
Attraverso il ritratto si esprime la volontà di lotta per l’emancipazione femminile, nello specifico il desiderio è quello di presentare la donna non solo come soggetto di un dipinto ma come artefice dell’opera creativa stessa.
Il protagonismo femminile assume toni accentuati nel valore simbolico degli oggetti che vengono rappresentati, come ad esempio il vaso di rose e di gigli presente nell’autoritratto del 1920, richiamo alla purezza verginale della Madonna ma anche alla passione femminina.
Realtà, simbolo, colore divengono quindi elementi portanti, costitutivi della poetica artistica che Gabrielle Roger ha saputo esprimere attraverso i suoi dipinti; come il jazz nel linguaggio musicale, genere così caro e amato dalla nostra pittrice, le linee e i colori divengono note vivaci, incalzanti e animate da una “nuova” gioia di vivere.
misure della cornice: 86x67cm