Michele Desubleo (Maubeuge, 1602 - Parma, 1676) - attribuibile
Ritratto di gentiluomo come Salomone, il Re saggio
Olio su tela
120 x 141 cm., entro cornice in legno dorato cm. 134 x 162 cm.
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Il bellissimo dipinto ci mostra un’immagine del celebre re Salomone, leggendaria figura biblica divenuta nei secoli la personificazione del buon regnante, e proverbialmente riconosciuto come uno dei politici più saggi della storia. Le fattezze dell’effigiato sono presumibilmente quelle del committente dell’opera, che ha voluto dare risalto alla propria immagine impersonificando un personaggio dalla fama leggendaria.
ll regnante, con un elegante copricapo a corona di foggia orientale, è abbigliato con vesti sfarzose di seta, broccato prezioso e perle che gli cingono le spalle, indossa dei gioielli regali, ed è ritratto nell’atto di scrivere con una penna d’oca.
A rinforzare la sua immagine di saggezza, tiene tra le mani un libro aperto su cui è leggibile una locuzione latina tratta dalle Ecclesiaste, uno dei brevi libri dell’Antico Testamento, dedicati all’etica morale e redatti dallo stesso Re Salomone. Dettaglio di grande ricercatezza semantica, ad indicare che il committente non fosse solo un collezionista d’arte ma un uomo di cultura.
La frase ‘Qui amat periculum, peribit in illo’ (Ecclesiaste, III-27) - ‘Chi ama il pericolo, in esso perirà’ - allude a chiunque, che volontariamente si metta nel pericolo cedendo alle tentazioni ed al peccato, sarà destinato e rimanerne perduto.
Nella parte inferiore della composizione c'è un foglio che riporta una seconda iscrizione, correlata alla prima, ovvero ‘Ocasiones fugit’, una sorta di esortazione che il saggio regnate si sente di dare all’osservatore dell’opera. Chiunque desideri infatti una vita virtuosa, diretta al bene, non deve solamente abbandonare il peccato, ma anche l'occasione di peccare, attingendo così alla propria virtù morale.
Entrando ora nel merito dei caratteri stilistici della nostra preziosa tela, la loro analisi ci conduce a collocarne l’origine in quella magnifica espressività classicista della cultura bolognese del Seicento, con evidenti rimandi al mastro Guido Reni.
I particolari compositivi, primi tra tutti la smaltatura dell’incarnato del volto, reso con incredibile lucentezza così come i dettagli preziosi delle vesti o il drappo verde smeraldo damascato, ci inducono a circoscriverne l’operato al grande pittore franco-fiammingo Michele Desubleo (Maubeuge, 1602 – Parma, 1676). Annoverato tra i migliori allievi del Reni, deve il suo grande successo collezionistico alla sua straordinaria capacità di amalgamare la migliore tradizione bolognese con le sue origini nordiche ed ancora con le influenze romane, elementi che si traducono in un lessico di equilibrata e rara eleganza.
Nel dettaglio, se l’uso magistrale dei colori, accesi e smaltati, attesta l’origine nordica della sua maniera, e le ombre degli ampi drappeggi tradiscono il contatto soprattutto con le opere di Simon Vouet a Roma, dove è attestato nel 1624 accanto al fratellastro Nicolas Regnier, il segno di contorno delle sue figure, sicuro ma sempre improntato alla ricerca della forma tornita lo avvicina allo stile dei capolavori del suo maestro Guido Reni.
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