Cesare Gennari (Cento, 1637 - Bologna, 1688)
Rinaldo trattiena la sua amata Armida
Olio su tela, 119 x 164 cm.
In cornice 141 x 189 cm.
L’opera è corredata da uno studio critico redatto dal prof. Emilio Negro (Bologna)
Questa pregevole opera è ascrivibile alla produzione di Cesare Gennari (Cento, 1637 - Bologna, 1688), e vede raffigurato l’episodio dell’ultimo canto del poema eroico la ‘Gerusalemme Liberata’ di Torquato Tasso, che ha come protagonisti i due celebri amanti Rinaldo e Armida, l'uno cavaliere dell'esercito cristiano, l'altra giovane e bellissima maga inviata per aiutare i Saraceni.
L’episodio verte sulla terribile battaglia tra i Crociati e l’esercito egiziano, nel corso della quale Rinaldo e Armida si sfidano a duello. La maga, dopo aver tentato invano di colpire il giovane guerriero di cui è ancora perdutamente innamorata, presa da sconforto decide di darsi la morte con la stessa freccia utilizzata per il combattimento, ma il suo gesto disperato viene impedito dal pronto intervento dell'eroe.
Gioverà rimarcare innanzitutto che il quadro è un interessante replica con varianti derivata da un'invenzione guercinesca (un'altra versione variata attribuita a Benedetto Gennari di misura inferiore [olio su tela cm. 110 x 42], è presso la camera dei deputati a Roma ma in deposito da Napoli, dal Museo e Real Bosco di Capodimonte), di cui riprende solo l'impostazione generale e lo stile delle opere realizzate dal grande maestro centese, generalmente con l'aiuto dei suoi validi collaboratori.
Dunque la nostra tela mostra la sua evidente appartenenza allo stretto ambito di questo grande maestro emiliano del Seicento: il suo autore riesce infatti a conferire alla composizione una luminosità solare assolutamente singolare che rischiara lineamenti dei volti sereni e accentua illuso illusoriamente la morbidezza degli incarnati, dei capelli e dei tessuti. Tali efficaci contrasti di lume, ottenuti con tonalità calde ed un impasto pittorico ricco e pastoso, conferiscono al dipinto qui esaminato una crea una gradevolezza di stampo tipicamente guercinesco.
Per queste ragioni non eludibili è possibile legarlo al modus pingendi di uno dei più valenti allievi del maestro centesimi, oltre che suo nipote: Cesare Gennari (Cento, 1637 - Bologna, 1688), considerato a ragione uno dei migliori talenti scaturiti dal prestigioso insegnamento del maestro.
Figlio di Lucia, sorella del Guercino, e di Ercole Gennari, anchegli suo collaboratore, Cesare fu introdotto fin da bambino nella bottega dello zio assieme fratello Benedetto; entrambi divennero apprezzati pittori ed ereditario tutti i beni e lo studio di pittura la morte del maestro. Se Benedetto decise di trasferirsi all'estero, presso le corti di Parigi e di Londra, dove trascorse gran parte dell'esistenza, Cesare rimase invece stabilmente a Bologna, ove fu molto attivo e apprezzato per la grande purezza della sua vigorosa pittura di stampo naturalistico: caratteristiche che si riscontrano puntualmente anche nella nostra tela.
Questo Rinaldo che trattiene Armida rileva infatti i caratteri tipologici indipendenti, seppure in stretta connessione con la cultura di Guercino, che sono quelli consueti Cesare Gennari: il confronto con altre sue opere consente infatti di riconoscervi le qualità tipiche, oltre a dichiarare estremi decisamente individuali che si ritrovano, quasi sovrapponibili, in altri analoghi suoi dipinti.
Come è palese, nelle due opere ricordate tornano gli stessi caratteri del nostro dipinto, ovvero un tipo di pittura fluente e morbida che richiama quella di Guercino ma con tratti assai personalizzati, caratteristici delle opere migliore realizzate da Cesare Gennari negli anni della sua piena maturità artistica.
Il dipinto è completato da un elegante cornice dorata.
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