Struggente dipinto degli ultimi anni del '500 o primi del '600, non firmato, attribuito a Francesco Vanni forse con aiuti di bottega. Cm. 127 x 100 La rappresentazione notturna mostra Gesù disteso a terra con una catena al collo e legato con una corda all'avambraccio sinistro. Trattenuto da due torturatori uno dei quali, muscoloso, fa oscillare il braccio destro per colpirlo, mentre lo calpesta con il piede destro. Si intravede anche un piccolo fascio di spine a terra a destra, destinato alla successiva flagellazione. Gesù, indossando solo un panno intorno alla vita, sopporta soffrendo e li lascia fare. Sullo sfondo di sinistra è raffigurata la penitenza di san Pietro, che si torce le mani in segno di rammarico ed altre figure che sopraggiungono.
Appare verosimile l'attribuzione del dipinto a Francesco Vanni, forse con aiuti di bottega. Si osserva infatti che la figura del torturatore, la più interessante pittoricamente, sia di probabile mano diretta del maestro, mentre le altre figure possono essere state realizzate con un'aiuto di bottega.
Infatti, confrontando il volto di cristo e altri dettagli del corpo del nostro dipinto con un'altra flagellazione del Vanni dalla diversa composizione conservata al Kunsthistorisches Museum di Vienna (foto 7 - 8 - 9 ), pur essendo evidenti le analogie espressive ed i tratti dei lineamenti, il nostro dipinto appare come una realizzazione un pò più frettolosa e meno dettagliata rispetto a quello di Vienna. Forse una commitenza meno “illustre”?.
Condizioni di conservazione: opera in patina, ben leggibile, con colori preservati anche se lievemente attenuati dalla vernice protettiva patinata. Piccole circoscritte cadute di colore ritoccate in occasione di un restauro probabilemente all'inizio del '900 quando il dipinto è stato anche foderato a scopo conservativo (vedi report riflettografia UV nella foto n.5 )
L'affascinante storia delle flagellazioni dei Vanni.
Si narra di un'altra copia / versione di questo dipinto, l'originaria di Francesco Vanni che si trovava nella chiesa di Santa Cecilia in Trastevere a Roma andata distrutta; pala d'altare, di cui rimangono i disegni preparatori. Tale flagellazione è stata realizzata in più versioni e copie dai Vanni (padre e figlio) nella loro Bottega in Siena, alcune arrivate fino a noi. Tra queste un'altra similare fragellazione dell'inizio del XVII secolo, che oggi è appesa nel corridoio tra la Chiesa Nuova e l'Oratorio dei Filippini a Roma (quest'ultima appare molto simile alla nostra opera, anche per la collocazione della semicolonna centrale ancor oggi conservata a Santa Prassede a Roma, e per altri dettagli affini agli schizzi preparatori del Vanni oggi conservati nella Biblioteca Comunale a Siena n. S.III.10/13 r. come ad esempio gli stivali del torturatore (foto 9) . Tre versioni attribuite anch'esse della bottega dei Vanni sono note a a Siena (vedi Wegman 1979). Sono note inoltre altre copie posteriori della flagellazione in argomento, realizzate nel secolo XVII° tra cui una francese di Jérémie le Pileur (fl.1619-1638), conservata al Musée des Beaux-Arts de Tours [n.1825-1-51].
Segnaliamo inoltre la stessa versione, molto simile al nostro dipinto, probabilmente dipinta con l'aiuto di uno specchio che orienta la scena nella direzione opposta oggi conservata Convento di S. Maria in Vallicella in Roma, che la Sovraintedenza del Lazio data 1650 c.a e attribuisce al figlio di Francesco Vanni, Raffaello visibile al collegamento a fondo pagina :
Vedi contronto fotografico fra le due opere foto n. 6
In Emilia Romagna, presso la diocesi di Imola è conservata un'altra versione/ copia del primo '600 della nostra flagellazione attribuita a Garbieri Lorenzo, 1580-1654 Vedi contronto fotografico fra le due opere al n. 7 visibile al collegamento a fondo pagina :
così descritta :
“Il Villa dice di aver veduto di questo quadro una stampa col nome G.Battista Gabbioni, pittore imolese. Sia il Villa che il Buscaroli, concordano nell'attribuzione al Garbieri, interessante esponente della scuola seicentesca emiliana” .
Altre successive copie del pieno e inoltrato '600, sicuramente non della bottega dei Vanni sono state esitate nel corso degli anni da diverse case d'asta con attribuzioni errate, come “scuole napoletana o spagnola o addirittura fiamminga”, oppure “pittore caraveggesco”.
Susan Wegner (Susan Wegner, 'Ulteriori note sulle opere di Francesco Vanni per i committenti romani' in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, 23. Bd., H. 3 (1979), p.316), scrive della versione originaria andata distrutta in Roma: "La Flagellazione era posta su un altare a destra dell'altare principale, vicino a una porta che conduceva alla cripta. Il dipinto era in pessime condizioni all'inizio dell'Ottocento (riferisce il Romagnoli - Manoscritto ca. 1830 voi. Vili, p. 599), e fu rimosso e probabilmente distrutto quando l'intero altare fu sostituito da un altare moderno durante i lavori di ristrutturazione della fine dell'Ottocento. Baglione (ed. 1733, p. 105) riferì che il dipinto di Vanni era stato inviato a Roma da Siena, e Nava Cellini notò che Vanni era stato pagato tramite intermediari a Siena.
Leggiamo nel testo del Riedl “disegni dei barocceschi senesi” pubblicato nel 1976 :
“Le fonti ci tramandano che il Vanni fornì per la chiesa titolare del cardinale Sfondrato, cioè santa Cecilia in Trastevere a Roma, due quadri : una rappresentazione della Morte di santa Cecilia e una Flagellazione di Cristo, che non sono riuscito a rintracciare.
Il Mancini (ed. 1956, voi. I, p. 82) cita un « Christo Battuto per terra »; il Baglione (ed. 1733, p. 105) ricorda « un Cristo alla colonna battuto, e per terra gettato, che un manigoldo lo calpesta, assai devoto. E questi due quadri egli da Siena li mandò ». Il Romagnoli (Manoscritto ca. 1830 voi. Vili, p. 599) menziona la Flagellazione come ampiamente rovinata (« poco però può aver vita »). Secondo la Nava Celimi (1969, p. 40, nota 30) negli anni 1601 e 1602 i pagamenti per la Flagellazione venivano trasferiti da Roma a Siena.
Nella raccolta Chigi Saracini a Siena si conserva un piccolo dipinto ad olio con la Flagellazione, il quale corrisponde alle vecchie descrizioni; dovrebbe trattarsi però di una copia della bottega più che di un modello di mano del Vanni stesso. La composizione ha in comune con la Morte di santa Cecilia la forma di lunetta, c'è anche una corrispondenza formale, vistosa, fra il Cristo caduto e la Santa giacente. Tuttavia la Morte di santa Cecilia e la Flagellazione non sembrano essere serviti come pendants. Gli schizzi sul nostro foglio preparano la Flagellazione senza avvicinarsi troppo alla stesura del quadretto Chigi Saracini, ma non fa parte di questa scena la figura centrale, che si riferisce ad una Negazione di san Pietro (cfr. n. 46)
46. - SCHIZZI PER UNA FLAGELLAZIONE E PER UNA NEGAZIONE DI SAN
PIETRO, n. 4778 S. Fig. 47 202 x 273 — Penna, carta bianca. Coli.: Santarelli (L. 907). Bibl.: Cat. SANTAHEIXI, 1870, p. 341, n. 81.Foto 9
I tre schizzi per una Flagellazione, sono probabilmente pensieri per il quadro già nella chiesa di santa Cecilia in Trastevere (cfr. n. 45). Soprattutto la stesura a destra in basso contiene elementi della composizione, come è tramandata dal quadretto Chigi Saracini.
Le quattro varianti dell'uomo in piedi sono riferibili ad una Negazione di san Pietro per la quale esistono un disegno compositivo al Louvre, n. 1978, e uno studio per la serva alla Biblioteca Comunale di Siena, n. S.I.5/11 v. Con questo foglio e con quello precedente è in rapporto un disegno con schizzi per la Flagellazione nella Biblioteca Comunale a Siena, n. S.III.10/13 r..”
Esiste un'altro schizzo preparatorio del Vanni di questa scena, oggi conservato al Fitzwilliam museum di Cambridge foto 10
Francesco Vanni (Siena, 1563 – Siena, 26 ottobre 1610)
Il Vanni evolve il suo stile dal Manierismo ed è considerato un pittore barocco. Subì gli influssi e il fascino dell'arte di Raffaello, di Federico Barocci e di Annibale Carracci.
Ebbe come maestro il suo patrigno Arcangelo Salimbeni. A quindici anni circa si trasferì a Bologna dove forse lavorò con Bartolomeo Passarotti.
Negli anni ottanta del Cinquecento ritornò a Siena, dove si dedicò a numerose opere d'arte sacra, commissionate per rispettare i nuovi canoni della Controriforma. Realizza l'altare di Sant'Ansano, evangelizzatore e protettore della città, nel Duomo di Siena e l'altare maggiore nella chiesa di San Niccolò in Sasso.
Nel 1595 realizzò una pianta di Siena che è stata definita "una fotografia ante litteram".
Con un'abilità ancora inusuale per i tempi, la città è ripresa "a volo d'uccello". Si pensi a quanto rudimentali fossero ancora gli strumenti per le rilevazioni del terreno nonostante il progresso rinascimentale.
Dal 1600 al 1604 è a Roma dove realizza una pala d'altare nella Basilica di San Pietro e altre opere.
Muore nel 1610 e viene sepolto nella chiesa di San Giorgio a Siena, dove un monumento commemorativo in controfacciata fatto costruire dai figli lo ricorda.
La sua opera proseguì dopo la sua morte nella bottega di famiglia diretta dal figlio Raffaello, anch'egli pittore.
Bibliografia:
L'arte a Siena sotto i Medici: 1555-1609, catalogo a cura di Fiorella Sricchia Santoro, (Palazzo Pubblico, Siena, 3.5.-15.9.1980), Roma, De Luca, 1980.
Alessandro Bagnoli, Gli inizi di Francesco Vanni, in Prospettiva, 82.1996, p. 84-94.
Jane Turner (a cura di), The dictionary of art, XXXI ad vocem, New York, Grove; London, Macmillan, 1996
Cristiana Garofalo, Francesco Vanni: (Siena, 1563-1610), in: Nel segno di Barocci: allievi e seguaci tra Marche, Umbria, Siena. Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, (a cura di Anna Maria Ambrosini Massari e Marina Cellini), Milano, Motta, 2005, pp. 346-369.
In conformità a quanto stabilito dal Nuovo Codice dei Beni Culturali, la società venditrice fornisce contestualmente alla vendita dettagliata garanzia scritta fotografica d'originalità e provenienza delle opere vendute. I dati con cui vengono descritte le opere e poi contenuti nelle garanzie scritte sono determinazioni espresse frutto di accurate e documentate indagini tecnico/storico/artistiche, finanche di rilievo peritale.